HO LETTO DI UN’INSEGNANTE ASSOLTA DOPO RAPPORTI AMOROSI CON GIOVANISSIMI: MI SEMBRA IMMORALE!
Ci chiarisce le idee il commento dell’avvocato Simone Labonia, seppur su un argomento così difficile da affrontare.
Il confine tra morale e legge in materia di rapporti sessuali tra adulti e minorenni rappresenta uno dei terreni più delicati del diritto penale contemporaneo.
Il legislatore, pur cercando di tutelare l’integrità psicofisica dei minori, ha tracciato una linea precisa: in Italia, il consenso sessuale è valido a partire dai 14 anni, salvo eccezioni.
Ciò significa che un rapporto tra un maggiorenne e un minore di età superiore ai 14 anni non costituisce automaticamente reato, a condizione che non sussistano particolari rapporti di potere o di dipendenza.
Questa soglia, tuttavia, non esaurisce la questione morale, né quella giuridica.
La normativa penale punisce infatti gli “atti sessuali con minorenne” quando la vittima ha meno di 14 anni, ma introduce aggravanti e limitazioni anche oltre questa età se l’adulto riveste un ruolo di autorità, educatore, tutore o persona con influenza sul minore.
In tali casi, anche un consenso apparentemente libero perde valore giuridico, poiché il legislatore presume un’influenza indebita sulla volontà della parte più giovane.
Il divario tra lecità legale e giudizio morale diventa allora evidente.
Un rapporto formalmente consentito dalla legge può suscitare condanna sociale o etica, soprattutto quando la differenza di età è marcata.
La giurisprudenza, pur riconoscendo il diritto all’autodeterminazione sessuale dei ragazzi sopra i 14 anni, tende a valutare attentamente il contesto: il grado di maturità del minore, l’eventuale pressione psicologica, il tipo di legame.
Non a caso, la Cassazione ha più volte ribadito che la libertà sessuale non coincide con la piena consapevolezza affettiva o emotiva.
Inoltre la legge sanziona la “corruzione di minorenne” quando l’adulto induce un ragazzo, anche consenziente, a comportamenti sessuali contrari alla naturale evoluzione della sua età.
È un modo per colmare quello spazio in cui la condotta non è penalmente vietata in senso stretto, ma risulta comunque moralmente e socialmente lesiva.
In buona sostanza, l’equilibrio risulta difficile, nel tentativo di garantire ai giovani una sfera di autodeterminazione senza esporli a sfruttamenti: il contrasto tra legalità e moralità resta vivo.
Ciò che non è reato può comunque urtare la coscienza collettiva, e la valutazione etica continua a esercitare un ruolo potente nel giudicare i comportamenti degli adulti verso i minori.





